LIBERTY OF LONDON
London

Liberty non è un museo, ma come un museo è pervaso da quell’aura di quieta bellezza che solo alcuni luoghi aperti al pubblico riescono a conservare.

Liberty of London è un department store, uno tra i primi ad essere aperti nella capitale vittoriana, «una scommessa commerciale vincente» dice Roberto Bertinetti basata «su due elementi decisivi: l'innovazione nella continuità e l'intelligenza nella scelta del luogo». E così ha fatto il commesso Arthur Lasenby Liberty quando, nel 1875, decise di aprire un negozio suo, convinto di poter cambiare il gusto dei londinesi in fatto di moda e di oggettistica per la casa.

Cominciò con un piccolo spazio al 218 di Regent Street, proponendo tessuti, oggetti e complementi d’arredo di provenienza giapponese e cinese, che rispondevano a quella curiosità verso l'oriente che tanto ha influenzato l'arte e il gusto di quel periodo.

Man mano che il negozio fioriva anche il ruolo di Arthur Liberty si trasformava e, da negoziante con un certo fiuto per le tendenze future, si fece portavoce delle correnti d’avanguardia che si andavano affermando: Arts & Crafts e l’Art Nouveu. In particolar modo il connubio con i maggiori esponenti di questo movimento portò a suggellare la definizione di “stile liberty” come sinonimo di “Art Nouveau”.

La sede definitiva del department store fu realizzata negli anni Venti in stile Tudor, secondo il progetto di Edwin T. Hall. Il negozio fu costruito attorno a tre pozzi luce su cui si affacciano le gallerie di ogni piano. Arthur Liberty voleva che chi entrasse si sentisse come a casa, avvolto in una accogliente atmosfera domestica. Il legno, che è la materia prima con cui questo negozio è stato edificato, la luce naturale che filtra dalle vetrate sul soffitto e i camini presenti in molte stanze e fino a qualche tempo fa accesi durante le fredde giornate d’inverno, non potevano non creare un’atmosfera ovattata, serena, rarefatta.

Perdendosi nel labirinto delle sue stanze, allora come oggi, si respira quel lusso sobrio, che non deve dimostrare nulla perché ha già in sé un significato, lontano anni luce da quell’altro lusso, dei parvenu, chiassoso come chi lo esibisce.

Not to miss:
i fiori in mille toni e varianti, nei tessuti per la casa e per la persona.

BIBLIOGRAFIA: R. Bertinetti, Londra, Einaudi, 2007



Liberty of London
Regent Street – Gt Marlborough Street
Tube: Oxford circus Piccadilly Circus

Orari
Lunedì - Giovedì dalle 10 alle 21
Venerdì e sabato dalle 10 alle 20
Domenica dalle 12 alle 18




HISTORY, PERIODS & STYLES -20th CENTURY
Victoria and Albert Museum
London


In quello che si dice essere il più grande museo al mondo di arte, artigianato e design, la galleria dedicata al Novecento del V&A ripercorre una storia del design attraverso quegli oggetti che più sono entrati e hanno lasciato un segno nelle case e nella vita degli inglesi. Questi articoli hanno aperto dialogo ancora vivace sui rapporti tra uomo e industrializzazione e su quello scambio reciproco di influenze tra la modernità che avanzando cambia la vita dell’uomo e le influenze che di rimando l’uomo esercita sul design. Il Novecento è il secolo in cui questo dibattito prende vita attraverso la voce, in Gran Bretagna e in America, del movimento Arts and Crafts, nato in reazione sia all’eclettismo stilistico dell’età vittoriana che alla spersonalizzazione indotta dalla produzione industriale. William Morris e i Preraffaelliti si ribellarono quindi all’impoverimento in fatto di qualità e di gusto nei prodotti industriali, che secondo loro dovevano avere anche un’altra caratteristica: un prezzo contenuto. La questione da loro sollevata e il tentativo di conciliare questo conflitto portarono alla nascita del design.

Il XX secolo si apre quindi sulla spinta di queste profonde innovazioni culturali a cui si aggiunge una ancora più importante:la radio, un rivoluzionario strumento di comunicazione, ma anche un oggetto che non ha antecedenti e per il quale è necessario inventare ex novo una forma. Complice la radio cambia lo stile di vita soprattutto nelle città, i cui abitanti non riconoscendosi più nelle epoche passate cercano uno stile nuovo, che nell’arredo prende i modi della multifunzionalità e dell’open-space e nella vita assume toni rilassati.


Il design degli anni Quaranta e Cinquanta porta impressi i segni della guerra e del razionamento delle materie prime. La prova da superare è non perdere terreno di fronte all’impoverimento dei possibili acquirenti e al tempo stesso rispettare le forti limitazioni imposte dal ministero del commercio alla produzione dei tessuti. Le stoffe potevano avere stampati soltanto motivi piccoli, in modo da non sprecare tessuto nelle cuciture; solo quattro colori erano disponibili e sia i tipi che la quantità di cotone che doveva essere impiegata erano oggetto di severi controlli.


Gli anni Sessanta spazzano via qualunque restrizione e anzi rappresentano un momento di grande fioritura del design pubblicitario. Arriva la Mini, la prima macchina che ogni inglese si può permettere e decolla il design per la casa, negli oggetti di uso quotidiano, dai piatti, ai primi deltaphones, fino alle lampade stilose. Nulla si può sottrarre a questo processo, neppure la tipica mug britannica. Il design acquisisce peso e finisce per entrare in quel grande gioco che è la politica, diventando uno strumento di comunicazione straordinariamente efficace che viene impiegato per cause diverse, dai poster contro l’isolamento causato dalla paura dell’HIV negli anni Ottanta, fino ad una mug sempre di quel periodo realizzata dalla piccola Kent Miners’ Union che non si lasciò spazzare via dagli scioperi del 1984 tatcheriano.

Il volume di campi in cui la progettazione artistica è applicata è andato moltiplicandosi sempre più. Tuttavia, a pari passo, si è sviluppata anche una coscienza del design che, sotto la pressione dei consumatori, si fa portavoce delle istanze ambientali puntando già a metà degli anni Sessanta sull’ecosotenibile con i vestiti di carta, buffi abiti a vivaci fantasie floreali, e ancora di più negli anni Novanta schierandosi sotto la bandiera ideologica del riciclo.

Not to miss: lo scrittoio del britannico Edward Maufe realizzato da W. Rowcliffe, le cui forme pulite ricordano le tradizionali scrivanie, ma se unite ad un lavorazione di alta manifattura e a materiali pregiati si trasformano in qualcosa di mai visto prima e lo consacrano vincitore della medaglia d’oro al Paris Expo del 1925.



Cromwell Road
Tube Knightsbridge


Orari
Tutti i giorni dalle 10.00 alle 17.45
Venerdì dalle 10.00 alle 22.00


Biglietti
Ingresso gratuito

PEACOCKS & PINSTRIPES
8 Febbraio – 31 Maggio 2008
Fashion and Textile Museum

London

Al Fashion and Textile Museum si racconta la classe maschile nelle sue varie interpretazioni dagli anni Trenta fino ai giorni nostri, attraverso una serie di foto che immortalano icone dello stile di oggi e di ieri. Gli scatti esposti, che appartengono alla Getty Images Gallery, non vogliono costituire una retrospettiva della bellezza maschile decennio per decennio, ma offrire una panoramica delle varie espressioni che questa parola così multiforme, lo stile, assume attraverso gli obbiettivi di grandi fotografi.

C'è infatti lo stile della grande moda del fascinoso Pierre Cardin ritratto nel suo atelier, poco dopo l'inaugurazione nel 1950, prima che il suo nome si affermasse in Francia e nel resto del mondo.
E' rappresentato lo stile eccentrico incarnato da un Mickey Rourke assiso su uno scranno con pantalone di pelle e scarpe da tennis. Si vede un Malcom McLaren bizzarro nella sua espressione, giacca e cappello. Fino alla foto del 1979, Naughty but nice, di Keith Richards elegantemente distrutto che si appoggia con una spalla al muro, dimentico della sigaretta accesa che gli pende dalle dita e con il viso nascosto da un cappello floscio.

La domanda attorno a cui si sviluppa l'esposizione è: "do clothes make a man - or does the man make the clothes?" Un bell'interrogativo.
L'abito classico maschile giacca e pantalone ha rischiato troppo spesso di annullarsi nella divisa impersonale dell'uomo d'affari, nonostante ogni abito sia diverso e per realizzarlo siano necessarie precise misure (una foto curiosa rende onore alla scrupolosità delle misurazioni per un panciotto). Ci sono alcuni uomini poi che sembrano nati con il completo. Come un gentlemen immortalato nel 2007 mentre cammina in Savile Row, nel centro di Londra, semplicemente elegante nel suo tuxedo con scarpa lucida –ma non patinata- cappello di paglia e bastone da passeggio alla mano, disinvolto e incurante degli incalzanti stereotipi del nuovo millennio.

La seconda parte della mostra propone invece esempi di eleganza contemporanea. Le foto in bianco e nero scompaiono improvvisamente per lasciare spazio ai lavori di fotografi d'avanguardia che ritraggono le future icone maschili. Il legame con il passato è tangibile in queste foto, ma diventa una citazione, un'influenza esercitata sul presente, forte quanto le altre stimolazioni che lo rinnovano continuamente.

Il valore di questa mostra è dato dalla scelta che il curatore ha compiuto nell’esporre foto di uomini prima che diventassero personaggi, mentre il loro stile si stava delineando. Ancora, le foto esposte pur essendo state scattate da grandi fotografi, fatte alcune eccezioni, non sono state commissionate, ne' sono mai comparse su riviste di moda. Questo fa sì che gli uomini rappresentati si trasformino in icone del loro tempo senza diventarne però la caricatura. L'eleganza maschile, e non la moda, è il tema.


Not to miss: l'epitome dell'eleganza. Un meraviglioso Cary Grant, forse in una foto rubata da un fan, mentre assorto si appoggia alla colonna di ingresso di un albergo e rivolge la punta dell'ombrello verso l'alto e, guardando il cielo, aspetta che spiova.



Fashion and Textile Museum
83 Belmondsey Street
London
Tube: London Bridge (Guys Hospital exit)


Orari di apertura
Mercoledì-Sabato dalle 11 alle 17


Biglietto
Adulti £7
Ridotto £4
Fino a 12 anni ingresso gratuito
JUAN MUNOZ - A RETROSPECTIVE
24 gennaio - 27 aprile 2008
Tate Modern
London

A sette anni di distanza la Tate Modern ci riprova e dedica una retrospettiva allo scultore madrileno Juan Muñoz, scomparso improvvisamente nel 2001, destino vuole, proprio mentre le sue opere erano esposte alla Tate.

Muñoz credeva fermamente che le sculture traessero significato dall’interazione sia con l’ambiente in cui erano inserite sia dal rapporto con il visitatore. E’ ad esso infatti che viene assegnato un ruolo nuovo, e da passiva comparsa diventa parte attiva dell’installazione.

La complicità tra opera d’arte e spettatore è creata attraverso atmosfere che lasciano ampio spazio all’enigma, all’ambiguità, alla sensazione sinistra e inquietante che si percepisce in alcune sale. Come per esempio Shadow and Mouth (1996) in cui campeggiano due figure, delle quali una è seduta dietro una scrivania, l’altra distante e girata di spalle, rimane accostata al muro, come se cercasse attraverso quella vicinanza sostegno e riparo. Il legame che unisce i due soggetti è ambiguo, tutto quello che si intuisce con chiarezza è la posizione di potere che esercita la figura dietro il tavolo e il disagio, l’insicurezza, forse la paura che assale l’altra.

Ancora più inquietante è, sempre nella stessa sala, Staring at the Sea (1997-2000) in cui due figure con il volto coperto da un cartone con due piccoli fori per gli occhi, si allungano in punta dei piedi per guardarsi allo specchio, sporgendosi l’una alle spalle dell’altra. La curiosità che le muove, lo specchio che riflette i loro volti nascosti, la maschera di cartone lasciano un senso di inafferrabile turbamento.


Un passo ulteriore nel ridisegnamento del ruolo dello spettatore viene compiuto in Many Times (1999), un’installazione che riempie una stanza intera di piccoli uomini dai volti orientali riuniti in gruppi, come se stessero amichevolmente parlando tra loro, con espressioni sorridenti, le braccia aperte in uno dei tanti gesti di una conversazione ordinaria. I visi bonari, la statura minuta dei personaggi dovrebbero essere rassicuranti al visitatore che può troneggiare su di loro. E invece tutt’altro. Seppur razionalmente non sembra ci sia nulla di sinistro, l’inquietudine vibra. E’ la percezione della diversità e dell’isolamento che coglie un occidentale quando improvvisamente si trova a scontrarsi con il diverso, in questo caso gli orientali. Riprendendo le parole di Munoz “the spectator becomes very much like the object to be looked at, and perhaps the viewer has become the one who is on view”. Il rovesciamento dei ruoli è completato: il visitatore da osservatore è diventato l’oggetto osservato, percepisce un senso di imbarazzo ma razionalmente non ne comprende la ragione.

Un particolare sinistro è quindi presente in molti lavori di Muñoz, come la serie di ballerine, figure solo vagamente umane ma prive di gambe. Sono sorrette da una base stondata, che permette loro di dondolare ma non, paradossalmente, di danzare e a cui Muñoz fa stringere una forbice appuntita. O come un corrimano in legno, caldo e levigato, che però nasconde la lama di un coltello. O in modo ancora più esplicito, Wax Drum, del 1988, un tamburo inutilizzabile, perché ricoperto di cera e per un paio di forbici conficcate nella pelle tesa.

L’interazione tra statue, visitatore e ambiente, lo spazio vissuto come teatro sono altri motivi ricorrenti nei lavori di Munoz. La pavimentazione con un motivo geometrico in The Wasteland (1987) si impone come interlocutore per lo spettatore che, se da un lato si sente spinto verso la piccola figura di bronzo seduta con le gambe a ciondoloni in fondo alla sala, dall’altro non si sente quasi autorizzato a violare quello spazio dilatato dall’effetto ottico delle geometrie.


Not to miss: lo sconvolgente Hanging Figures del 1997, ispirato al dipinto di Degas Mlle La La at the Circus Fernando, che ritrae acrobati del circo appesi per i denti. Le figure di Muñoz tuttavia perdono quasi completamente il riferimento al circo per acquisire invece un significato più ambiguo, e più che i circensi finiscono per ricordare il torcersi dei corpi durante una tortura.


Tate Modern
Tube: Blackfriars Station, Mansion House

Orari di apertura
Da domenica a giovedì dalle 10 alle 18
Venerdì e sabato dalle 10 alle 22

Biglietto
Adulti £8
Ridotto £6, £7