ANDY WARHOL –THE NEW FACTORY
16 marzo – 6 luglio

Fondazione Magnani Rocca
Mamiano di Traversetolo
Parma

Andrew Warhola, più noto come Andy Warhol è ospitato ora e per le prossime settime settimane alla Fondazione Magnani Rocca. Camminando tra le sale austere dell'esposizione permanente della Fondazione, è il canto delle sirene - Velvet Underground & Nico - a condurti all'interno di un mondo parallelo, illuminato di rosa pop.

Andy Warhol è una di quelle figure che ammiro sinceramente. Mi piacciono di lui i suoi umili natali e il fatto che non abbia rinunciato a seguire la sua cometa nonostante l'estrema ristrettezza di mezzi e la malattia che da bambino lo costrinse a letto per lunghi periodi. Mi piace che abbia continuato a credere nella sua idea demistificatrice di arte e del concetto di “pezzo unico”, considerando l’arte un prodotto, anche quando critici importanti lo definivano uno zero assoluto. Adoro la sua creatività divertente, ironica e irriverente e la versatile facilità con cui riusciva a passare dai libri di ricette impossibili, Wild Raspberries 1959, disegnati come se fossero illustrazioni per bambini, con torte giganti dai colori pastello e un breve testo, la ricetta, a lato. Apparentemente molto poco Warhol. Tutto cambia improvvisamente quando quasi per caso gli occhi si soffermano sulla ricetta, e dopo uno primo sguardo disorientato si ride del testo, assolutamente delirante ("prendete una base per sponge cake vecchia di tre settimane..").


Alcune delle opere di Warhol sono state realizzate in serigrafia con colori sgargianti, anche a dispetto del loro contenuto, spesso proveniente dal notizie di cronaca. La serie di serigrafie intitolata Electric Chair (1971) nacque dall’annuncio della pena capitale inflitta ai coniugi comunisti Julius ed Ethel Rosenberg, accusati di spionaggio a favore dell’Unione Sovietica. Questo caso colpì e spaccò l’opinione pubblica americana e mobilitò intellettuali e artisti comunisti da tutto il mondo. Warhol fu scosso dalla brutalità dell’evento e anche se l’esecuzione ebbe luogo nel 1953, lui continuò a lavorarci negli anni successivi, fino a creare questa serie serigrafica con una sedia elettrica che troneggia nella sala delle esecuzioni, vuota, di Sing Sing. Il risultato è un’opera tagliente, dai colori lividi eppure vistosi, tanto vistosi da diventare una visione scomoda, fastidiosa.


Oltre alla cronaca, anche la vita di ogni giorno, fatta di prodotti di massa che entravano nelle case degli americani, offrivano spunti interessanti. Pare che la serie dei dipinti che lo consacrarono, quelli della Campbell's Soup, fosse nata da un suggerimento apparentemente banale di un amico – perché non dipingi ciò che più ami?. E lui lo prese alla lettera consegnando all’immortalità una zuppa in lattina, che a detta sua aveva costituito il suo pranzo per la maggior parte della sua vita.


Ancora, nella mostra lunghe pareti espongono le serigrafie dei volti noti di una o due generazioni di star di Hollywood. Con colori flashanti si succedono, solo per citarne alcuni, Liz Taylor, Elvis Presley, John Lennon, Mao Zedong, Mick Jagger, Marilyn Monroe realizzato un mese dopo la notizia del suo suicidio.


E poi, nel periodo della Factory di New York (1963-68) prolifico regista di film (in quei cinque anni realizzò più di sessanta film), sempre arditi, spesso scandalosi, di sicuro innovativi.

E' stato definito "the mirror of our times” per i soggetti che sceglieva di trasformare in opere d'arte e per l'approccio con cui si poneva nei loro confronti. E a 21 anni dalla sua morte, lo è ancora, anche se forse “our times” di oggi sono meno scanzonati, più crudeli, sicuramente meno colorati.

Not to miss: la serie di album cui Andy Warhol ha curato la copertina, solo per citarne un paio: la celeberrima banana da sbucciare dell’album del Velvet Undergroung and Nico e l’ambiguo primo piano con zip in Sticky Fingers (1971) dei Rolling Stones.


Dove
Fondazione Magnani Rocca
Mamiano di Traversetolo (PR)

Quando

martedì- domenica dalle 10 alle 18
chiuso il lunedì



Admission
Intero £8

studenti in visita £4
FROM RUSSIA
26 gennaio - 18 aprile
London

Gli impressionisti hanno davvero fatto storia. I loro nomi sono pronunciati con ammirazione anche da chi di arte non si intende, ma che rimane folgorato dal giallo dei Girasoli e dalla tenue fragilità delle Ninfee.

Delle influenze che questo movimento rivoluzionario ha generato non solo in Francia ma nel resto del mondo e in questo caso particolare in Russia, si parla davvero poco.Della Russia di inizio secolo si ricorda la Rivoluzione di Febbraio e poi quella d’ Ottobre, il rovesciamento del regime zarista, eventi così formidabili da lasciare poco spazio alle trasformazioni culturali. E invece in Russia tra fine Ottocento-inizio Nove erano in molti a guardare verso Occidente e ai nuovi movimenti artistici, sia con occhi di collezionisti, che di pittori.

I primi sentori di rinnovamento vennero ancora prima, negli anni Sessanta dell’Ottocento, quando un gruppo di artisti di San Pietroburgo decise di emanciparsi dall’Accademia Imperiale d’Arte, fondarono la società poi conosciuta come The Wanderers. Essi rifiutavano i soggetti biblici e mitologici provenienti dall’arte italiana per introdurre piuttosto scene di vita quotidiana e istantanee della società russa loro contemporanea, come Ilya Repin che dipinse October,17 1905 e Leo Tolstoj a piedi nudi.

Trent’anni più tardi i moscoviti Sergei Shchukin e Ivan Morozow costituirono, nel giro di quindici anni, due tra le maggiori collezioni di arte francese. In particolar modo Shchukin divenne il mecenate di Matisse, di cui comprò molte opere e a cui commissionò tele di grandi dimensioni, come La Danza. Dal 1909 questi due musei privati furono aperti al pubblico e gli artisti russi che non avevano la possibilità di formarsi nello spirito parigino potevano comunque conoscere i lavori degli artisti francesi attraverso queste collezioni.

Questa mostra è semplicemente meravigliosa. E non escludo di tornare a rivederla prossimamente. La considero una espoizione eccezionale perché raccoglie autori e opere topograficamente lontani, appartenenti con trascorsi storici differenti, li accosta facendo di ciascuno il testimone di una corrente particolare, senza mai annullarli ma anzi inserendoli all’interno di un disegno culturalmente raffinato. Gauguin, Matisse, Chagall, Van Gogh, Cezanne, Corot, Repin, Mashkov, Altman, Golovin, sono tutti qui.

Not to miss: Ida Rubinstein la famosa ballerina russa che aveva calcato le scene con la compagnia Ballets Russes di Diaghilev, qui ritratta da Valentin Serov in un nudo di spalle. Il volto girato per tre quarti, il corpo flessuoso e spigoloso allo stesso tempo. Lo sguardo intenso e concentrato come se fosse di scena.

CAMDEN TOWN GROUP
13 Febbraio - 5 Maggio
Tate Britain
London

Il Camden Town Group nacque nel 1911 e si sviluppò in un momento intenso della storia inglese. Il nuovo secolo portò un'ondata di cambiamenti: a livello sociale con le incontenibili suffragette che richiedevano a gran voce il diritto di voto e la parità dei sessi; nel tessuto urbano con la modernizzazione dei trasporti che, nel giro di pochi anni, cambiò il volto di Londra. Carrozze e trasporti pubblici tirati da cavalli scomparirono rapidamente (nel 1914 c'erano solo 1200 cocchi in tutta Londra) per lasciare posto ai primi autobus, alle automobili e a uno dei simboli della capitale Britannica, la metropolitana.

Gli artisti del Camden Town Group si posero come testimoni di questi cambiamenti e fecero di Londra il teatro dei loro dipinti. I colori sgargianti di una citta' in movimento (Piccadilly Circus, Charles Ginner, 1912), le pennellate dense e compatte richiamano da vicino l'influenza del post impressionismo francese. Di Van Gogh nei colori e nel tratto, di Gauguin nelle tinte della tavolozza, di Degas nella scelta di inquadrature insolite, evidente in Gauguins and Connoisseurs at the Stattford Gallery di Spencer Gore o in The Naked and the Nude di Walter Richard Sickert. In questa tela del 1910 e' ritratta una giovane di cui vediamo il corpo nudo piegato, come se se fosse impegnata in un’attività quotidiana quanto privata, ma non il volto. Il taglio scelto, il soggetto che compare attraverso una porta lasciata aperta come per caso, danno allo spettatore uno spiccato senso voyeuristico.

Questa mostra mi ha divertito, ma non appassionato. Se la ripresa dello stile dei post impressionisti inizialmente mi intrigava, ha finito presto per stancarmi. Mi sembrava che il loro fosse un dipingere alla maniera di, ma senza aggiungere nulla di personale dal punto di vista stilistico. Un po’ come se si trattasse di inglesi travestiti da francesi.

Cambiando prospettiva, tuttavia, le opere del Camden Town Group diventano invece molto interessanti se si guarda a loro come testimoni di un’epoca. Le vedute di Londra immortalate nelle loro tele mostrano una città così diversa da far stringere il cuore e riportare il pensiero ad un passato che, seppur così lontano, è appena dietro l’angolo.


Not to miss: In the Cinema di Malcolm Drummond e i volti dei Londinesi al buio, concentrati sulla pellicola.


Tate Britain
Tube: Pimlico

Orari
Tutti i giorni dalle 10 alle 18