L'illuminazione è il filo conduttore che alcuni artisti emergenti hanno seguito per una riflessione sulla spiritualità e sui luoghi, gli oggetti e i gesti che la esprimono, in cinque frammenti di vita quotidiana.
Come Crossroad di Dan Acostioaei, in cui una telecamera riprende la partecipazione individuale a un rito quotidiano, quello del segno della croce, di fronte ad un luogo sacro nella città di Iasi, in Romania. Le persone riprese camminano velocemente o passano in bicicletta, alcune rivolgono uno sguardo all’immagine sacra, e si segnano; altre appena un’occhiata e meccanicamente accompagnano il gesto. La domanda che sorge è ancora una volta: i segni esteriori di fede quanto rappresentano, in ciascuno, un intimo profondo sentimento religioso e quanto invece si appiattiscono ad un mero segno di appartenenza alla comunità?
Una forma diversa di religiosità è ripresa dai due artisti Caraballo-Farman in Contours of Staying in cui praticanti del Falun Gong siedono in meditazione di fronte al consolato cinese di New York sotto una tempesta di neve. La loro è una protesta contro lo stato cinese, che dal 1999 ha dichiarato fuorilegge questa forma di qigong e ha perpetrato una feroce persecuzione contro i suoi seguaci. In queste immagini e nelle espressioni imperturbabili dei loro visi c’è un forte senso di religiosità, sia individuale nella meditazione, sia molteplice come protesta di un gruppo religioso.
Sanford Biggers nota come il senso di partecipazione alla comunità sia particolarmente forte sia negli africani americani sia nel mondo buddista. Per questo il suo Hip Hop Ni Sasagu (In Fond Memory of Hip Hop) è ambientato in un tempio zen ad Ibaraki, in un improvvisato raduno di bell-ringing, le cui singing bells sono state ricavate dalla fusione di gioielli hip-hop che Biggers ha trovato in Giappone.
Dieu di Valerie Mrejen è invece un insieme di brevi racconti di vite realizzate da otto donne e uomini che hanno abbandonato l’ortodossia religiosa ebraica. L’attenzione della Mrejen tuttavia non è diretta all’esaltazione della laicità, ma a quegli attimi di illuminazione della vita quotidiana, a quegli istanti che fanno scattare qualcosa dentro e fanno deviare dalla strada percorsa fino a quel momento.
Come Crossroad di Dan Acostioaei, in cui una telecamera riprende la partecipazione individuale a un rito quotidiano, quello del segno della croce, di fronte ad un luogo sacro nella città di Iasi, in Romania. Le persone riprese camminano velocemente o passano in bicicletta, alcune rivolgono uno sguardo all’immagine sacra, e si segnano; altre appena un’occhiata e meccanicamente accompagnano il gesto. La domanda che sorge è ancora una volta: i segni esteriori di fede quanto rappresentano, in ciascuno, un intimo profondo sentimento religioso e quanto invece si appiattiscono ad un mero segno di appartenenza alla comunità?
Una forma diversa di religiosità è ripresa dai due artisti Caraballo-Farman in Contours of Staying in cui praticanti del Falun Gong siedono in meditazione di fronte al consolato cinese di New York sotto una tempesta di neve. La loro è una protesta contro lo stato cinese, che dal 1999 ha dichiarato fuorilegge questa forma di qigong e ha perpetrato una feroce persecuzione contro i suoi seguaci. In queste immagini e nelle espressioni imperturbabili dei loro visi c’è un forte senso di religiosità, sia individuale nella meditazione, sia molteplice come protesta di un gruppo religioso.
Sanford Biggers nota come il senso di partecipazione alla comunità sia particolarmente forte sia negli africani americani sia nel mondo buddista. Per questo il suo Hip Hop Ni Sasagu (In Fond Memory of Hip Hop) è ambientato in un tempio zen ad Ibaraki, in un improvvisato raduno di bell-ringing, le cui singing bells sono state ricavate dalla fusione di gioielli hip-hop che Biggers ha trovato in Giappone.
Dieu di Valerie Mrejen è invece un insieme di brevi racconti di vite realizzate da otto donne e uomini che hanno abbandonato l’ortodossia religiosa ebraica. L’attenzione della Mrejen tuttavia non è diretta all’esaltazione della laicità, ma a quegli attimi di illuminazione della vita quotidiana, a quegli istanti che fanno scattare qualcosa dentro e fanno deviare dalla strada percorsa fino a quel momento.
L’idea del cambiamento è presente anche nel lavoro di Lida Abdul, Dome. Ad un primo sguardo il video sembra ambientato in un sito archeologico romano, ma bastano pochi attimi per rendersi conto che non si tratta di storia passata, ma presente. Le rovine sono di un edificio di Kabul sede l’archivio del Museo Nazionale Afgano, ora raso al suolo. Un bambino ruota su se stesso guardando in alto, il tetto divelto dalle bombe si apre sul cielo blu. Ruota come un derviscio, e sembra riassumere nel suo sguardo incredulo e triste il senso di desolazione che la guerra ha generato e che l’architettura intorno a lui riflette.
Illuminations è la seconda di quattro mostre della Tate Modern dedicate alla contemporaneità letta da artisti emergenti. I lavori sono incentrati sulI'idea di cittadinanza vista sotto vari aspetti: l’economia, la spiritualità, lo stato e l’individuo. La prima mostra del ciclo è stata The Irresistibile Force.
Illuminations è la seconda di quattro mostre della Tate Modern dedicate alla contemporaneità letta da artisti emergenti. I lavori sono incentrati sulI'idea di cittadinanza vista sotto vari aspetti: l’economia, la spiritualità, lo stato e l’individuo. La prima mostra del ciclo è stata The Irresistibile Force.
Tate Modern
Tube: Blackfriars Station, Mansion House
Orari di apertura
Da domenica a giovedì dalle 10 alle 18
Venerdì e sabato dalle 10 alle 22
Biglietto
Ingresso gratuito
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Da domenica a giovedì dalle 10 alle 18
Venerdì e sabato dalle 10 alle 22
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