80 acqueforti e acquetinte, concepite come opera unica e terminate nel 1799.
80 capricci, o “pensieri stravaganti” di riflessione e satira della società, a tutti i livelli, dalle prostitute che adescano i clienti per strada agli alti lignaggi rappresentati come asini, fino alla casa reale.
La chiave per comprendere il senso di un’opera così articolata è offerta dall’autore stesso che colloca, in apertura, un proprio autoritratto, che in calce reca la scritta sibillina “Il mio vero ritratto di umore nero e in atteggiamento satirico”. Gli occhi stretti, lo sguardo scontento e distante induriscono il volto fino a farlo sembrare una maschera e la posa di profilo, del tutto innaturale per ritrarsi, ne accentua la rigidità. Un ultimo tocco, l’abito da afrancesado, da giacobino, lo fe entrare nel vivo di uno dei più grandi rivolgimenti politici e sociali della storia.
Le stampe successive sono un susseguirsi di vizi –vanità, ira, lussuria, gola..- che attaccano la povera gente come i nobili. Viene analizzato il coraggio, che si afferma solo come sopraffazione di chi ha poco su chi ha niente, l’esercizio del potere. Goya porta alla luce gli esasperanti tentativi delle famiglie agiate di quella Spagna così profondamente gerarchica, di dimostrare la lunga vita del proprio casato. La menzogna, tra padre e figli, tra moglie e marito, l’ipocrisia dei matrimoni combinati, e la benedizione del clero che non si fa attendere. Superstizione e stregoneria, ritratti grotteschi, crudeli ma assolutamente veritieri e attuali, riducono l’uomo a mera macchietta di se stesso.
Messi in vendita nel negozio di vini e coloniali dello stesso artista, suscitarono uno scandalo tale da richiamare la Santa Inquisizione che ne proibì la vendita; passarono allora ai reali di Spagna, in cambio di una pensione per il figlio di Goya.
“Los caprichos” videro una seconda ristampa solo nel 1855, a quasi trent’anni dalla morte del lloro autore, conobbero un successo enorme e divennero una delle opere grafiche più importanti della storia dell’arte.
La seconda parte della mostra è dedicata a grandi incisori del XX secolo che raccolsero l’eredità di Goya e portarono avanti la critica sociale e politica, il gusto per il visionario, il fantastico e il grottesco. Alcuni dei loro nomi: Marc Chagall, Salvador Dalì, Honoré Daumier, Gustave Doré, Alfred Grévin, George Grosz, Renato Guttuso, Max Klinger.
«Il grande merito di Goya consiste nella creazione del mostruoso verosimile [..] in una parola, la linea di sutura, il punto di congiunzione tra il reale e il fantastico sono impossibili da cogliere.»
Charles Baudelaire, Quelques caricaturistes étrangers, 1857
«L’immaginazione di Goya ha il proprio punto focale nella descrizione dell’Inferno sulla terra. Le sue immagini deformate oltrepassano il limite che separa il comico dal terrificante. Esse saldano in modo indissolubile le due anime della caricatura, la tendenza realista allo slancio fantastico e, ciò facendo, esse annunciano tanto lo sguardo acido di Grosz quanto l’universo visionario di Kubin.»
Werner Hofmann, Die Karikatur, von Leonardo bis Ricasso, 1956
Not to miss: il capriccio [52] Lo que puede un Sastre! , Quello che può un sarto!, in cui un tronco d’albero, agghindato da santo, è venerato dal popolo che si prosterna senza riconoscerne la vera natura.
Nella seconda parte della mostra, le incisioni di Dalì che citano, uno per uno, i Capricci di Goya
80 capricci, o “pensieri stravaganti” di riflessione e satira della società, a tutti i livelli, dalle prostitute che adescano i clienti per strada agli alti lignaggi rappresentati come asini, fino alla casa reale.
La chiave per comprendere il senso di un’opera così articolata è offerta dall’autore stesso che colloca, in apertura, un proprio autoritratto, che in calce reca la scritta sibillina “Il mio vero ritratto di umore nero e in atteggiamento satirico”. Gli occhi stretti, lo sguardo scontento e distante induriscono il volto fino a farlo sembrare una maschera e la posa di profilo, del tutto innaturale per ritrarsi, ne accentua la rigidità. Un ultimo tocco, l’abito da afrancesado, da giacobino, lo fe entrare nel vivo di uno dei più grandi rivolgimenti politici e sociali della storia.
Le stampe successive sono un susseguirsi di vizi –vanità, ira, lussuria, gola..- che attaccano la povera gente come i nobili. Viene analizzato il coraggio, che si afferma solo come sopraffazione di chi ha poco su chi ha niente, l’esercizio del potere. Goya porta alla luce gli esasperanti tentativi delle famiglie agiate di quella Spagna così profondamente gerarchica, di dimostrare la lunga vita del proprio casato. La menzogna, tra padre e figli, tra moglie e marito, l’ipocrisia dei matrimoni combinati, e la benedizione del clero che non si fa attendere. Superstizione e stregoneria, ritratti grotteschi, crudeli ma assolutamente veritieri e attuali, riducono l’uomo a mera macchietta di se stesso.
Messi in vendita nel negozio di vini e coloniali dello stesso artista, suscitarono uno scandalo tale da richiamare la Santa Inquisizione che ne proibì la vendita; passarono allora ai reali di Spagna, in cambio di una pensione per il figlio di Goya.
“Los caprichos” videro una seconda ristampa solo nel 1855, a quasi trent’anni dalla morte del lloro autore, conobbero un successo enorme e divennero una delle opere grafiche più importanti della storia dell’arte.
La seconda parte della mostra è dedicata a grandi incisori del XX secolo che raccolsero l’eredità di Goya e portarono avanti la critica sociale e politica, il gusto per il visionario, il fantastico e il grottesco. Alcuni dei loro nomi: Marc Chagall, Salvador Dalì, Honoré Daumier, Gustave Doré, Alfred Grévin, George Grosz, Renato Guttuso, Max Klinger.
«Il grande merito di Goya consiste nella creazione del mostruoso verosimile [..] in una parola, la linea di sutura, il punto di congiunzione tra il reale e il fantastico sono impossibili da cogliere.»
Charles Baudelaire, Quelques caricaturistes étrangers, 1857
«L’immaginazione di Goya ha il proprio punto focale nella descrizione dell’Inferno sulla terra. Le sue immagini deformate oltrepassano il limite che separa il comico dal terrificante. Esse saldano in modo indissolubile le due anime della caricatura, la tendenza realista allo slancio fantastico e, ciò facendo, esse annunciano tanto lo sguardo acido di Grosz quanto l’universo visionario di Kubin.»
Werner Hofmann, Die Karikatur, von Leonardo bis Ricasso, 1956
Not to miss: il capriccio [52] Lo que puede un Sastre! , Quello che può un sarto!, in cui un tronco d’albero, agghindato da santo, è venerato dal popolo che si prosterna senza riconoscerne la vera natura.
Nella seconda parte della mostra, le incisioni di Dalì che citano, uno per uno, i Capricci di Goya
Palazzo Pigorini
Strada Repubblica, 29 Parma
tel. 0521- 218 967
Orari di apertura
Ore 10 - 18
Chiuso il lunedì
Biglietto
Ingresso Libero
Strada Repubblica, 29 Parma
tel. 0521- 218 967
Orari di apertura
Ore 10 - 18
Chiuso il lunedì
Biglietto
Ingresso Libero
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