COLLECTION DE L’ART BRUT
Lausanne


La Collection de l’Art Brut si trova in una zona un po’ fuori mano di Losanna, ben collegata al centro, ma al di fuori dei circuiti di passeggio turistico. Sembra che la sua collocazione fisica rispecchi la sua posizione all’interno dell’establishment artistico: tollerata ma non messa in evidenza.
Le opere raccolte sono estremamente eterogenee per materiali usati e, soprattutto, per gli stili. Si va da enormi pannelli dipinti a larghe campiture piatte dai colori sgargianti, a miniature grandi quanto un francobollo, da cavalli a grandezza naturale realizzati con rami nodosi, a maschere di terracotta dalle espressioni stravolte. Se per comprendere certi artisti propriamente detti è necessario conoscerne più opere, e contestualizzarle nei vari momenti della sua produzione, qui ogni pezzo sembra essere un distillato dell’essenza di ciascun artista, sembra contenere in sé tutto quello che l’uomo che l’ha prodotta aveva nel cuore e nella testa.

Il termine Art Brut, arte grezza, rozza, è stato coniato dal pittore e scultore Jean Dubuffet nel 1945 per indicare tutti quei lavori che nascono dalle mani di “artisti loro malgrado”, individui emarginati, ribelli ai valori e alle norme socialmente condivise, eccentrici, spesso prigionieri di ospedali psichiatrici. Sono tutti autodidatti, alcuni hanno appreso soltanto i rudimenti di un’arte, poi piegata al proprio spirito.

Nel clamore di un mondo dove tutto è immagine, pubblicità e il desiderio di autoaffermarsi spesso si trasforma in vera e propria smania, le opere degli autori dell'Outsider Art rimangono in silenzio, e riescono così a non distruggere la loro autenticità. Ciò che le distingue da tutti gli altri tipi di arte, e che le rende davvero affascinanti, è che alla loro nascita nessuna di esse ha previsto un fruitore, ma sono oggetti creati in un mondo di due soli soggetti, l’oggetto, il creatore e le sue mani.

I creatori di queste opere non appartengono ad una corrente artistica, non sono uniti in un manifesto condiviso né hanno dato vita ad un movimento collettivo.
La Collection de l’Art Brut è aperta dal 1976 e conta 30.000 pezzi, che vengono esposti a rotazione. Tra le sue file compaiono i nomi di Adolf Wolfli, August Walla, Stanislav Zagajewski.

Not to miss: il
sistema grafico di notazione musicale inventato da Adolf Wolfli, le cui partiture inseriva in coloratissimi quadri, quasi a fissarne la colonna sonora.



Collection de l’Art Brut
11, av. des Bergières

Lausanne – Svizzera

Tel. +41 21 315 25 70

Orari di apertura

da martedì a domenica dalle 11 alle 18
Ingresso gratuito la prima domenica di ogni mese


L’ENVERS ET L’ENDROIT
8 giugno 2007 – 27 gennaio 2008
Collection de l’Art Brut
Lausanne


Un vestito da sposa, fatto a uncinetto con fili sfrangiati da vecchie lenzuola. Un enorme arazzo con scene di festa popolare, piccoli pezzi di feltro cuciti su un supporto di iuta. Corde e fili colorati che stringono balle dalla forma irregolare. Sono solo alcune delle opere presentate nella mostra L’envers et l’endroit al Musée de l’Art Brut di Losanna.
Gli artisti sono per lo più persone colpite da disturbi mentali, schizofrenia o affetti da autismo o sindrome di down, allontanati dalle famiglie e spesso costretti a trascorrere il resto della vita in istituti di igiene mentale, in condizioni poco lontane dalla prigionia.
A volte incapaci di comunicare verbalmente, esprimono tuttavia con una forza sconvolgente l’universo in cui vivono, tanto che spesso durante la mostra le certezze vacillano e si insinua la domanda: siamo davvero sicuri che l'unica visione accettabile della realtà sia la nostra?

La mostra riunisce i lavori di una trentina di artisti provenienti da Armenia, Russia, Belgio, Germania, Francia, Svizzera, Italia, Gran Bretagna, Repubblica Ceca, Giappone, Australia, Stati Uniti, e America del Sud.

Due parole per inquadrare gli autori delle opere descritte in apertura:
Marguerite Sirvins, francese, nata alla fine dell’Ottocento in una famiglia contadina, intorno ai quaranta anni manifesta segni di schizofrenia che la portano al successivo ricovero presso l’ospedale psichiatrico di Saint Alban. Dopo aver realizzato acquerelli e ricami, Marguerite da corpo al suo più ardente desiderio: il matrimonio, e realizzò un abito a uncinetto, che non indossò mai.

Jacques Trovic, nato nel 1948 ad Anzin, sobborgo minerario nella Francia del nord, è affetto da una malattia che da quando era bambino gli impedisce qualsiasi forma di attività fisica. Trovic tuttavia è instancabile. Seguito per alcuni anni un corso sulla tecnica del mosaico, per poi sostituire le tessere (troppo pesanti da trasportare) con pezzi di feltro e tessuti scartati dalle industrie tessili. Su un piccolo tavolo in una microscopica cucina caotica e straripante di matasse colorate, stoffe e supporti di iuta arrotolati come tappeti, Trovic è capace di lavorare per venti ore al giorno.

Judith Scott, nata nel 1943 a Cincinnati, Ohio, USA, affetta dalla sindrome di down, sorda e muta, fu affidata ad un istituto in tenera età. A quarantaquattro anni segue il corso Creative Growth Art Center in California e comincia a produrre balle che nascondono oggetti diversi -ventagli, ombrelli, giornali…-, strette da nastro adesivo da pacchi e circondate da fili colorati. E’ difficile che lascino indifferenti. Se è vero che l’arte è uno specchio di ciò che si ha dentro, queste balle pesano come macigni.


Not to miss: la giacca che Edith Agnes Harrington ha trasformato. Iniziando con il rammendare dove il tessuto si era consumato, ha finito col ricoprire ogni centimentro con un intreccio di ricami e fili dai colori sgargianti. Che farebbe invidia a Malìparmi.


Collection de l’Art Brut
11, av. des Bergières
Lausanne – Svizzera
Tel. +41 21 315 25 70

Orari di apertura
da martedì a domenica dalle 11 alle 18
ingresso gratuito nella prima domenica del mese


DAVID LACHAPELLE
24 settembre 2007 - 6 gennaio 2008
Palazzo Reale
Milano


E’ un bombardamento quello che si scatena appena varcata la soglia del Palazzo Reale di Milano in questi giorni.
Catturati dai colori vividi, quasi accecanti, emanati dalle grandi foto appese e dai personaggi dello star-system ritratti tra l’ironico e il provocatorio. Le loro pose, lo loro occhiate falso-innocenti sembrano sfidare il visitatore e al contempo compiacersi degli sguardi che a ciascuno di loro vengono dedicati. Il linguaggio di cui il fotografo statunitense si avvale è quello pubblicitario, da copertina e vistosamente finto, che LaChapelle riesce però a risignificare accentuandone i termini grotteschi e caricaturali, portandoli fino all’estremo dell’esasperazione, prendendo in giro questa società patinata dai sorrisi di gomma. Qui inizia la lunga galleria di ritratti di star, da Madonna, a Courtney Love, a Britney Spears, a Pamela Anderson ad Amanda Lepore, ironici, divertenti e ahimè pungenti. Ma a volte si può anche soffrire con il sorriso.

Questa mostra, con le sue 350 fotografie esposte, è la è la più ampia e completa che sia mai stata dedicata al fotografo David LaChapelle.

Not to miss: Heaven to Hell, la Pietà di LaChapelle. Courtney Love tiene michalengiolescamente tra le braccia il corpo esamine di un Cristo-Kurt Cobain le cui ferite sulle braccia più che i segni della croce ricordano i buchi dell’eroina. In sottofondo si sente Hallelujah di Jeff Buckley. Un pugno nello stomaco per tutti quelli che ricordano quanto brutta fosse stata la sua storia, fotocopia di molte altre.


Straordinaria affluenza di ragazzi e ragazze



Palazzo Reale
Piazza Duomo,12/i Milano
Tel. 899 655 805


Orari di apertura
Lunedì 14.30-19.30
da martedì a domenica ore 9.30-19.30
giovedì 9.30-22.30
(chiusura biglietteria ore 18.30 - giovedì ore 21.30)
VIVIENNE WESTWOOD
26 settembre 2007 - 20 gennaio 2008
Palazzo Reale
Milano


66 anni di punk, dal primo design ruvido e pungente del negozio londinese di King’s Road, agli intriganti riferimenti pittorici e letterari delle produzioni successive.

La storia di Vivienne Westwood come stilista nasce all’inizio degli anni Settanta quando, conosciuto Malcom Mc Laren, cominciò a disegnare abiti per il suo negozio che, in linea con lo stile camaleontico dei proprietari, ha cambiato spesso nome e look: Let It Rock - Too Fast To Live Too Young To Die – Sex - Seditionaries - World’s End. In questi primi anni la fonte di ispirazione per vestiti ed accessori proveniva dallo street style della capitale e dall’emergente movimento punk.
Il negozio conobbe una grande notorietà soprattutto dopo che i Sex Pistols per la loro prima esibizione live indossarono loro creazioni. In breve tempo il 430 di King’s Road divenne il punto di incontro e di riferimento dei punks londinesi; parafrasando una frase da un pannello della mostra: erano anni duri, di aperta condanna del movimento punk e il negozio di King’s Road era l’unico posto in cui non eri guardato male.

La notorietà crebbe ancora e portò la designer londinese a calcare per la prima volta le passerelle della London Fashion Week a Olympia. Era il 1981 e la collezione Pirate fu un successo. L’anno successivo Vivienne Westwood fu invitata a Parigi, diventando la prima stilista inglese a sfilare in Francia, dopo Mary Quant.
Gli anni Ottanta e Novanta segnarono una sua importante evoluzione stilistica. Come designer, la Westwood si impegnò nello studio della storia del costume riuscendo a trarre dal passato spunti profondamente innovativi e ad inserirli nel mondo della moda. E’ il caso dei corsetti e del faux-cul che ripensati e modernizzati costituiscono uno dei caratteri distintivi del suo gusto, come anche l’accostamento di accessori di rottura a tessuti classici dello stile britannico, come il tartan.

Gli ultimi anni raccontati dalla mostra sono quelli del suo impegno politico a difesa dei diritti civili, rappresentati dalla serie di T-shirts I’M NOT A TERRORIST –please don’t arrest me, contro la legislazione anti-terrorismo di Blair e di supporto al movimento Liberty.

Quello che maggiormente colpisce conoscendo le collezioni di Vivienne Westwood e ripercorrendo il suo percorso professionale nella mostra, è la sua straordinaria capacità di rinnovarsi senza perdere l’essenza del suo stile. Se i Sex Pistols sembrano inchiodati ad un periodo della storia inglese circoscritto e concluso, l’unica anima punk sopravvissuta e ancora capace di dare emozioni sembra sia quella di Vivienne.

La mostra Vivienne Westwood è nata nel 2004 al Victoria & Albert Museum di Londra ed è riconosciuta come il più grande tributo che sia mai stato dedicato ad uno stilista di moda. Dopo essere stata ospitata a Canberra, Shangai, Taipei, Tokio, Dusseldorf, Bangkok e San Francisco, la mostra è approdata in Italia. I capi esposti appartengono alla collezione privata del Victoria & Albert Museum e all’archivio personale della designer inglese.


La lunghezza della mostra è ideale, buona l’organizzazione del materiale rispetto alle sale, giustamente dosati i pannelli informativi

Due filmati, uno di circa 4-5 minuti, in inglese sottotitolato, si può seguire seduti su bellissime poltroncine imbottite; sull’altro, di un paio di minuti, ci si sofferma in piedi.


Sarebbe stata interessante una contestualizzazione maggiore delle prime sale e del negozio che è stato la fucina catalizzatrice della sua forza creativa.

Not to miss: gli abiti della penultima sala: alcuni asimmetrici –veri esempi di alta sartoria- e altri apparentemente “normali”, su cui però sono state puntate piccole e numerose spille, a forma di lumaca, coccinella, formica, mosca..


Palazzo Reale
Piazza Duomo, 2 Milano
Tel.

Biglietti
Intero 8 euro
Ridotto 6.5 euro

Orari di apertura
Lunedì 14.30-19.30
da martedì a domenica ore 9.30-19.30
giovedì 9.30-22.30
(chiusura biglietteria ore 18.30 - giovedì ore 21.30)