DEUTSCHE BÖRSE PHOTOGRAPHY PRIZE
8 febbraio - 6 aprile 2008
The Photographers’ Gallery
London


The Photographers’ Gallery ha una location fantastica e una curiosa planimetria. La galleria e’ al numero 5 di Great Newport Street, ma anche al nr.8. I due edifici non comunicano tra loro ma sono vicini e ospitano le stesse mostre, metà di qua e metà di là. In questi giorni ci sono i lavori dei quattro finalisti del Deutsche Börse Photography Prize che viene assegnato annualmente al professionista che, durante l’anno precedente, ha dato un contributo maggiore alla fotografia. Quest’anno i finalisti sono John Davies (UK), Jacob Holdt (Danimarca), Esko Männikkö (Finlandia) e Fazal Sheikh (USA).

Se dovessi stilare una classifica personale, incoronerei John Davies e Jacob Holdt, a parimerito.
Davis espone fotografie di grande formato, molte in bianco e nero, scattate per lo più tra il 1979 e il 2005. I soggetti su cui torna sono i panorami britannici, città o spazi aperti, alcuni abitati altri deserti. Luoghi apparentemente dimenticati, ma che portano nella loro topografia i segni di una storia recente, industriale e post-industriale inquadrata in brevi testi a lato delle foto.


Anche Jacob Holdt racconta una storia, quella delle minoranze di colore nella grande America, e lo fa attraverso una scelta tra le …mila foto che ha fatto in cinque anni, ora proiettate su un muro, tutte scattate durante un viaggio da autostoppista nei primi anni Settanta. Gli scatti di Holdt rimangono impressi per la loro intimita’. E’ riuscito a ricostruire il calore e la passione tra una coppia di ragazzi afroamericani in una casa disadorna, la cieca fiducia nella protezione dei fucili di una famiglia borghese bianca e l’assoluto degrado delle fasce più basse della società. Holdt e’ riuscito a cogliere l’essenza della società americana degli anni Settanta, con le sue passioni e le sue contraddizioni, intendendo la fotografia come un mezzo per far conoscere l’estrema ingiustizia sociale e razziale che aveva incontrato nel suo cammino.


La denuncia di Fazal Sheik tocca invece una parte ben definita della popolazione indiana contemporanea: le donne. Sono i volti di queste, bambine, mature, che fissano l’obiettivo o che ne rifuggono posando di spalle. Hanno tutte vissuto drammatici episodi di violenza inaudita, in un paese dove la loro vita non conta nulla e dove l’ecografia viene usata solo per scoprire in anticipo il sesso del nascituro e per provvedere tempestivamente all’aborto in caso risulti femmina. Le storie raccontate nei testi accanto alle foto sono tuttavia così dolorose che finiscono per assorbire tutta l’attenzione, mettendo in netto secondo piano le foto stesse.


Completamente diversa è l’attitudine fotografica di Esko Männikkö, che da cacciatore è diventato fotografo negli anni Ottanta. Nei suoi lavori porta con sé il ricordo degli spazi aperti, e del silenzioso isolamento in cui vivono uomini e animali in certe zone tra Lapponia e Finlandia. “I’m a photographer of fish, dogs and old men:” ha detto una volta.


Not to miss: Agecroft Power Station, Salford (Davis 1983), una centrale di carbone del 1925, poi chiusa. Ora lo stesso luogo è occupato dalla HM Prison Forest Bank per detenuti di 18-20 anni, che nella foto giocano a calcio mentre le loro figure, minuscole davanti all’immensità della centrale, si perdono in un paesaggio lunare.


The Photographers’ Gallery
5 & 8 Great Newport Street
London WC2H 7HY
Tube: Leicester Square

Orari di apertura
Lunedì – Sabato dalle 11:00 alle18:00
Giovedì dalle 11:00 alle 20:00
Domenica dalle 12:00 alle 18:00

Ingresso
Ingresso gratuito

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